L’immagine esercita potere perché rafforza l’identità individuale e collettiva, è ipocrita affermare che l’immagine che diamo di noi stessi non conti… La nostra era è basata sull’immagine.
Nell’attuale società l’immagine e apparenza rappresentano tutto. Il vestiario non serve solo a coprirci, ma tramite esso riusciamo ad esprimere qualcosa di noi stessi.
Molte volte ci fa anche da collante, consentendoci di sentirci accettati in un determinato contesto sociale, oppure, al contrario, fa esprimere la nostra ribellione a certi dettami sociali.
Non si va oltre l’immagine, non si scava nel profondo. Magari quella ragazza nasconde mille disagi e mille lotte, e magari proprio per superarli adotta quel look..
La moda e l’abbigliamento svolgono dalla nascita dell’uomo una funzione sociale. Nel precedente articolo “Dalle tribù urbane alle tribù green”, ho cercato di mettere in evidenza come la moda fotografi la realtà, i momenti storici in cui viviamo, e crei specifiche tendenze rispetto alle quali il consumatore, in un modo o nell’altro, si offre come ispirazione. La moda non inventa nulla che noi non offriamo, perché essa va a braccetto con la storia.
Quella che, a mio avviso, si è persa è la passione e l’autoanalisi per ciò che siamo e non per ciò che vorremmo essere. Si è persa la voglia di valorizzarci, si rincorre come automi la griffe, c’è un pullulare costante di pubblicità, di come dobbiamo essere, di corpi perfetti, di visi non invecchiati dal tempo, di una perfezione finta che nasconde la verità :"L'essere umano è imperfetto"
Si è persa quella leggerezza che ci fa prendere poco sul serio, che ci fa giocare con noi stessi, si è smarrita la connessione con la nostra parte “giocherellona”, col fanciullino Pascoliano, abbiamo rinunciato alla voglia di migliorarci per quello che siamo non per quello che vorremo essere solo perchè va di moda quella tipologia di “essere umano”.
L’armocromia, il metodo Kibbe, il make –up sono strumenti, semplici stumenti, ma in grado di aiutarci a migliorarci esteticamente. Nient’altro. Non carichiamoli di altre “ responsabilità”: viviamoli come “banali” mezzi.
Vivere senza l’ansia legata all’immagine di se stessi. Sarebbe bello eh?! In realtà l’essere umano ha una inesauribile capacità di inventarsi e reinventarsi. La moda oltre le cose sopracitate è una combinazione tra necessità e funzionalità.
Già in epoche preistoriche (neolitico) presso le popolazioni della steppa si è accertato che sia gli uomini che le donne indossavano i pantaloni per cavalcare. Il motivo dell’invenzione dei primi rudimentali pantaloni è evidentemente di ordine pratico e funzionale. Dopo, al contrario, abbiamo aspettato secoli e secoli per introdurre l’uso del pantalone alle donne.
Gian Battista Vico parlava di Corsi e ricorsi storici, ecco pure la moda obbedisce allo stesso meccanismo!
Volete un esempio concreto? Lo posso fare anche abbinandolo al metodo Kibbe.
Le categoria Soft Dramatic, Ethereal e anche in qualche maniera il Natural richiamano visibilmente nello stile gli eleganti drappeggi delle divinità greche e romane, riprese poi dallo stile impero prima nel 1790- 1820 (massimo 1820 perchè poi c’è il ritorno del bustino) e poi dalla moda del 1920 con lo stile Liberty dominante.
Nello stile Natural ritroviamo, ad esempio, le variopinte fantasie diffuse in India e Asia meridionale con il loro tipico dinamismo dei motivi geometrici o antropomorfici delle civiltà pre-colombiane. L’Ethereal, ad esempio, oltre alle epoche già citate si basa sullo stile Medievale e il gotico, è l’emblema dello stile in quanto consente di realizzare un effetto ottico di allungamento. Nel XII secolo la figura umana si verticalizza, secondo i dettami dello stile gotico, concepito per svettare verso il cielo in qualsiasi materia, dall'architettura, all'arte, alla moda.
Molti stilisti contemporanei di fama mondiale si ispiravano ad epoche e stili passati, come Vivienne Westwood, John Galliano, il già citato Alexander McQueen…
La categoria Romantic, ad esempio, si fonda sul concetto della visione della donna del 1830-1838, donna a tutto tondo, creatura fragile ed indifesa, regina della casa e del focolare. Esteticamente lo si dimostra con il riemergere del busto del 1681-1720 (piccola parentesi sul busto: era usato nel 1681-1720, poi abolito con Giuseppina Bonaparte che ha introdotto lo stile impero e poi ripreso nel periodo successivo alla caduta di Napoleone I con la Restaurazione).
Nulla di nuovo, in realtà, anche sulla storia del corsetto pur se con una piccola variante. Il primo corsetto ha origine antichissima, nasce a Creta tra il 3000 e il 1500 a. C.. Faceva parte della cultura Minoica, in onore del Re Minosse. Le donne cretesi erano le antenate Romantic, vestivano con gonne lunghe a balze, corpetti ricamati e portavano i capelli ricci. Variante: il seno era rigorosamente scoperto…
Tecnicamente, sempre in riferimento allo stile Romantic, è corretto il periodo storico 1830-1838, perchè troviamo la manica a gigot, il busto, le gonne ampie arricciate fittamente in vita per dare volume, i tessuti floreali, la scollatura a barchetta, le spalle scoperte, il corpetto smerlato, le crinoline.
Ho voluto differenziarli perchè il perido storico che intercorre tra il 1681 e il 1720 nonostante sia il regno del corsetto etc era più estremo come stile, più barocco.
Dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, nel 1950 lo stile romantic è stato rimodernizzato e reso attuale da Dior con il suo new look, che ha donato ad ogni donna la possibilità di sognare.
A presto Giusy dG per Rossetto e Merletto !
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